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Sant'Anna di Stazzema
Approfondimenti
Le responsabilità della strage di Sant’Anna di Stazzema
Nel 1994, in occasione della richiesta di estradizione dall’Argentina del criminale nazista Erick Priebke, furono rinvenuti 695 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste, occultati all’interno del cosiddetto “Armadio della Vergogna”, la cui vicenda costituisce una delle pagine più infami della storia dell’Italia repubblicana. Ben 415 contenevano i nomi dei responsabili e precise indicazioni dei reparti che le avevano perpetrate. Nel 1995 diversi fascicoli vennero trasmessi alla Procura Militare di La Spezia, tra cui il n. 1976 e il n. 2163 del Registro Generale, entrambi relativi alla strage di Sant’Anna di Stazzema; il primo comprendente i documenti delle indagini compiute dalle autorità italiane nel 1945-46, il secondo gli atti della Commissione d’inchiesta statunitense, poi consegnati al Governo Italiano alla fine del 1946. Grazie alla documentazione contenuta in questi fascicoli, già nell’immediato dopoguerra sarebbe stato possibile perseguire penalmente alcuni degli autori della strage, ma, proprio in conseguenza al loro occultamento, la strage di Sant’Anna non fu inserita tra i capi d’imputazione a carico del feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia, processato a Venezia da una Corte militare britannica nel febbraio 1947. Per le vibranti proteste dei sindaci e dei parlamentari della Versilia, fu inviato ad indagare sulla vicenda un ufficiale del Servizio Investigativo Britannico (SIB), che raccolse diverse testimonianze, poi utilizzate nel processo a carico del generale Max Simon, comandante della 16ª SS Panzergrenadier “Reichsführer”, celebrato presso la Corte Militare Alleata di Padova nel maggio 1947. Riconosciuto colpevole per le stragi di Sant’Anna di Stazzema, Vinca, Bardine San Terenzo e Marzabotto, il 27 giugno Simon fu condannato a morte. Dopo la commutazione della pena in ergastolo, il criminale nazista, grazie ad una serie di condoni e riduzioni di pena, fu scarcerato nel 1955. Nel corso del processo Simon cominciarono ad emergere pesanti responsabilità nelle stragi del Maggiore Walter Reder, uno dei principali collaboratori di Simon e comandante del 16° SS Panzer Aufklarüng Abteilung. Consegnato alle autorità italiane dagli Alleati, Reder fu processato dal Tribunale militare di Bologna nell’autunno del 1951, relativamente alle stragi di Sant’Anna di Stazzema, Bardine San Terenzo, Vinca e Marzabotto. Il 31 ottobre l’imputato fu condannato all’ergastolo, tranne che per l’eccidio Sant’Anna di Stazzema, per il quale fu assolto “per insufficienza di prove” e, nel 1954, “per non aver commesso i fatti”. Recluso nel carcere militare di Gaeta, Reder fu graziato nel 1985 e poté rientrare in Austria, dov’è morto nel 1991. Nel 1996 la procura Militare di La Spezia, competente territorialmente, riprese le indagini sulla tragedia del 12 agosto 1944, ma fu nel 1999 che avvenne la svolta fondamentale nella ricerca della verità, grazie all’indagine giornalistica di Christiane Kolh ed alle ricerche del dottor Carlo Gentile presso gli archivi tedeschi, che permisero l’individuazione di alcuni ufficiali e militari autori della strage, appartenenti al II° battaglione del 35 reggimento, comandato dal capitano Anton Galler, deceduto in Spagna nel 1995. Sul piano giudiziario l’accelerazione decisiva avvenne nel 2002 con la nomina del nuovo Procuratore Militare di La Spezia, dottor Marco De Polis, che, avvalendosi del nucleo di Polizia Giudiziaria coordinato dal tenente colonnello dei Carabinieri Roberto D’Elia, ha svolto un’intensa attività investigativa in Italia e in Germania, allacciando rapporti di fattiva collaborazione con la Procura Militare di Stoccarda. Finalmente, il 2 dicembre 2003 ebbe luogo la prima udienza per il rinvio a giudizio di Gerhard Sommer, Alfred Schöneberg, Heinrich Schendel, Ludwig Heinrich Sonntag, Georg Rauch e Werner Bruss, tutti ufficiali e sottoufficiali del II° battaglione del 35° reggimento. Nell’occasione, si costituirono parte civile la regione Toscana, la Provincia di Lucca, Il Comune di Stazzema e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il 20 aprile 2004 iniziò il processo che, in seguito all’unificazione di altri procedimenti, ha visto sul banco degli imputati anche altre quattro ex-SS, Alfred Concina, Karl Gropler, Richter Horst e Ludwig Göring. Finalmente, Il 22 giugno 2005, il Tribunale Militare di la Spezia pronunciò la sentenza con la condanna all’ergastolo per i dieci imputati, poi confermata in Appello, e, in via definitiva, dalla Cassazione l’otto novembre 2007.
Indubbiamente, a compiere il massacro di Sant’Anna di Stazzema furono le SS, ma pesanti responsabilità gravano anche sui fascisti. Infatti, come hanno affermato alcuni superstiti, individui con il volto coperto, che si esprimevano in italiano, addirittura in dialetto versiliese, guidarono i tedeschi lungo i sentieri della vallata, che solo persone della zona potevano conoscere. Persone della zona furono viste e riconosciute mentre trasportavano delle munizioni al seguito dei tedeschi, che li avevano catturati; molti furono uccisi la mattina stessa, altri, invece, rilasciati. Su alcuni di questi nacque il sospetto che avessero collaborato volontariamente con le SS. Agli inquirenti furono segnalati anche altri nominativi di presunti collaborazionisti, ma gli elementi raccolti non furono sufficienti a dimostrare la loro colpevolezza. Le responsabilità dei fascisti nei massacri dei civili non si limitarono a quelle, già gravi, di delatori e guide, in quanto furono parte attività in diversi crimini, come la Brigata Nera Apuana a Vinca e Bergiola, la Decima Mas a Guadine e a Forno, la Brigata Nera di Lucca a Camaiore e in Garfagnana. Sant’Anna di Stazzema : la conservazione della memoria “Dal giorno successivo alla strage ci fu un fuggi-fuggi generale – ricorda Enio Mancini, superstite da sempre attivamente impegnato nella conservazione della memoria della strage- Le grotte naturali sparse nei boschi intorno a Sant’Anna, le gallerie delle vicine miniere e i pochi metati, rimasti in piedi, furono i ricoveri di fortuna dove noi superstiti rimanemmo fino alla Liberazione della Versilia. Di giorno si rimaneva rintanati nei nostri ricoveri di fortuna e la notte uscivamo alla ricerca di qualcosa che ci permettesse, alla meglio, di sopravvivere. Dopo il 20 settembre, con l’arrivo degli Alleati, si fece ritorno in paese, in quelle poche case rimaste miracolosamente in piedi o in quelle solo parzialmente distrutte. Si sviluppò, nella zona, un’epidemia di tifo dovuta ai cadaveri non rinvenuti ed alle carcasse degli animali rimasti insepolti, epidemia che fece purtroppo altre vittime, ma bisognava andare avanti, bisognava sopravvivere. Si incominciò alla meglio a rattoppare le nostre case per superare i rigori dell’imminente inverno mentre intorno a noi, sulla vicina Linea Gotica, si udiva ancora il frastuono della guerra, il rumore cupo delle cannonate. Arrivò finalmente la primavera del 1945 e con essa la fine del conflitto. La ricostruzione del paese ebbe allora una netta accelerazione. Furono tagliati i castagni più idonei per ricavare travi, travicelli e tavole, riattivate le fornaci, retaggio di una tradizione secolare dei nostri paesi montani, e si andò nella cava d’ardesia, vicino Stazzema, per rifornirci delle piastre per ricoprire i tetti. Il tutto veniva portato a spalla perché il mulo sarebbe stato un lusso non sostenibile. Dal 1945 ci fu, nel paese, l’esigenza di cancellare i segni più evidenti del dramma che si era appena consumato. Vennero stuccati i fori dei proiettili sulla facciate delle case e sui luoghi teatro della strage, venne malamente riverniciato l’interno della chiesa dove erano evidenti i segni del ferro e del fuoco e vennero tolte e poi distrutte le canne dell’organo che erano state mitragliate dai nazisti. Era, forse, l’esigenza di un oblio terapeutico per poter riprendere, per quanto possibile, una vita normale. Ma c’era anche l’esigenza di dare una degna sepoltura alle vittime”. I Santannini si riunirono in un Comitato spontaneo, poi aderirono all’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra per cercare di ottenere dalle istituzioni i mezzi per onorare degnamente i caduti e nel 1948 fu inaugurato il monumento ossario sul Colle di Cava, opera dell’architetto Tito Salvatori. “Molte belle parole dai rappresentati delle istituzioni, - prosegue il racconto di Mancini- ma poi niente fino all’anno successivo - Nel 1949 il paese ebbe l’energia elettrica, ma alla palificazione dovettero provvedere i paesani. Niente pertanto di gratuito, tutto era una faticosa conquista. A Sant’Anna si chiedeva giustamente di più. La conservazione della memoria per noi significava, oltre al riconoscimento morale della concessione della medaglia d’oro al valor militare e alla visita a Sant’Anna del Capo dello Stato, anche la ricerca e l’individuazione dei colpevoli. Si chiedeva che finalmente Sant’Anna fosse tolta dall’isolamento dal resto della Versilia per non costringere i pochi superstiti, così come fu, ad emigrare nella piana e coloro, parenti e cittadini, che volevano recarsi a rendere omaggio al Sacrario a percorrere, per almeno due ore, la difficile e faticosa mulattiera. Per ottenere questi risultati ci furono manifestazioni di protesta civile quali l’occupazione simbolica del Palazzo comunale e il rifiuto delle schede elettorali che furono rispedite al Ministero degli Interni” Dovevano passare quasi venti anni, poiché la strada arrivò nel 1967. Nel 1971 i superstiti e i familiari delle vittime ritennero opportuno costituirsi in un’associazione autonoma, " S.Anna di Stazzema - 12.8.1944", più nota come “’Associazione Martiri di Sant’Anna:“ Le motivazioni che ci spinsero a renderci autonomi rispetto alla benemerita Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra furono dettate da esigenze di praticità, ma, soprattutto dal fatto che le vittime di Sant’Anna, secondo noi, erano qualcosa di diverso rispetto alle vittime civili, dato che erano state purtroppo oggetto di un’azione di guerra premeditata, studiata ed eseguita brutalmente. Tanto è vero che a chi ne fece richiesta fu concesso lo status di patriota”. Lo stesso anno, dopo ripetute richieste dei superstiti e dell’A.N.P.I., di parlamentari e autorità versiliesi, al Comune di Stazzema fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Versilia, consegnata dal Presidente del Consiglio, on. Emilio Colombo, con la seguente la motivazione: “Vittima degli orrori dell’occupazione nazista, insigne, per tributo di sofferenze, fra i Comuni della Regione, riassume, nella strage di 560 fra i suoi cittadini e rifugiati di Sant’Anna, il partigiano valor militare ed il sacrificio di sangue della gente di Versilia che, in venti mesi di asperrima resistenza all’oppressione, trasse alla guerra di Liberazione il fiore dei suoi figli, donando alle patrie libertà la generosa dedizione di 2.500 partigiani e patrioti, il sacrificio di 200 feriti e invalidi, la vita di 118 caduti in armi, l’olocausto di 850 trucidati. Tanta virtù di popolo assurge a luminosa dignità di simbolo, nobile sintesi di valore e di martirio di tutta la Versilia, a perenne ricordo e monito”. Versilia, settembre 1943 - aprile 1945. Ma ci sono anche altre medaglie che testimoniano il contributo significativo dato dalla Versilia alla Lotta contro il Nazifascismo: le medaglie d’Oro al Valor Militare conferite ai partigiani Manfredo Bertini, Marcello Garosi, Amos Paoli, Vera Vassalle e ai militari Antonio Cei, Inigo Campioni, Vincenzo Fusco; le medaglie d’Oro al Valor Civile a don Libero Raglianti, don Innocenzo Lazzeri, don Fiore Menguzzo, Genny Bibolotti Marsili, Milena Bernabò (vivente), che, gravemente ferita, riuscì a salvare da una casa in fiamme tre bambini sopravvissuti alla strage del 12 agosto’ 44; la Medaglia d’Argento al Valor Civile al chierico Renzo Tognetti. Nel 1970 La Regione Toscana proclamò Sant’Anna di Stazzema “Centro Regionale della Resistenza”, il primo di una serie di provvedimenti adottati dalle istituzioni regionali per valorizzare Sant’Anna e il suo patrimonio storico-morale, tra cui, particolarmente importante, E’ la legge n.39 del 12 agosto 1991, che ha istituito il Comitato per le Onoranze ai Martiri di Sant’Anna di Stazzema e reso possibile l’ inaugurazione del Museo Storico della Resistenza nei locali ristrutturati dell’ex-scuola elementare. Visitato annualmente da migliaia di persone e molte scolaresche, il Museo ospita molteplici iniziative per la conservazione della memoria, la diffusione di una cultura di pace e di tutela dei diritti umani e civili, nel cui ambito sono stati allacciati rapporti di collaborazione e d’amicizia con istituzioni, associazioni, scuole e cittadini tedeschi, che numerosi visitano i luoghi della strage Da segnalare l’iniziativa promossa dai musicisti Horst e Maren Westermann che da alcuni anni organizzano concerti in Italia e in Germania per la ricostruzione dell’antico organo della chiesa, distrutto il giorno della strage. Tra le numerose personalità hanno reso omaggio alle vittime dell’eccidio , i Presidenti della Repubblica Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi . Doveroso è ricordare il costante sostegno che la Regione Toscana ha assicurato a tutte le iniziative promosse dal Comitato Onoranze e la significativa presenza, al fianco dei superstiti e dei familiari delle vittime, durante tutte le fasi del processo, in particolare nelle persone del Vicepresidente del Consiglio Enrico Cecchetti e dell’Assessore Marco Montemagni, il cui impegno è andato ben oltre quello istituzionale. Infine, come riconoscimento dei valori storici e morali che Sant’Anna rappresenta per l’Italia intera, il Parlamento Italiano ha istituito a Sant’Anna di Stazzema il Parco Nazionale della Pace con la legge n.381 dell’11 dicembre 2000, proposta alcuni anni prima dall’on. Carlo Carli, che ha svolto un ruolo determinante anche nell’iter procedurale per al concessione delle onorificenze al valor civile a persone legate alla tragica giornata del 12 agosto 1944. I criminali nazisti
Generale Max Simon
prigioniero di guerra
Scheda personale del prigioniero di Guerra nel Campo di Prigionia speciale n.11 Generale Max Simon
NAME:
SS-Gruppenführer und Generalleutnant der Waffen-SS Max
Simon
Commands & Assignments:
Postwar Prosecution:
Decorations & Awards:
Walter Reder
Nato nel 1915 a Freiwaldau, nella Slesia Austriaca, in seguito Cecoslovacchia, da Rodolfo, industriale, e da Francesca Ludwig. Trasferitosi con i genitori a Vienna, frequenta il Ginnasio e l’Accademia Commerciale. Nel 1934, si trasferisce a Monaco di Baviera per entrare nelle SS. Al termine del corso per allievi ufficiali presta servizio nelle unità della Divisione Totenkopf presso il lager di Dacau, dove sono detenuti gli oppositori antinazisti. Prende parte all’occupazione della Cecoslovacchia, poi combatte in Francia e sul fronte Russo, partecipando a rastrellamenti e operazioni contro la popolazione, ricevendo diverse decorazioni in “tali eroiche azioni”. Rimasto ferito in Ucraina, presso Charcov nel marzo del 1943, dopo la convalescenza trascorsa a Vienna, nel maggio 1944 chiede e ottiene di essere assegnato alla 16 SS Panzergrenadier Division, assumendo il comando del 16 battaglione Esplorante con il grado di maggiore. Partecipa ai combattimenti lungo il litorale toscano, dal fiume Cecina all’Arno, poi, dalla fine di luglio alla metà di settembre, svolge un ruolo di primo piano nell’organizzazione e nell’effettuazione delle stragi di civili nelle province di Lucca, Pisa e Massa Carrara.
Dopo il
trasferimento della Divisione sull’Appennino Emiliano, dal 29 settembre
al 5 ottobre 1944, svolge un ruolo di primo piano nelle stragi di civili
avvenute nel territorio di Marzabotto, Grizzana e Monzuno. Internato in campo di prigiona a Salisburgo, nel settembre 1947 viene consegnato come “criminale di guerra” dagli Americani agli Inglesi, poi estradato in Italia nel maggio 1948, nel carcere militare di Bologna. Processato presso il tribunale Militare di Bologna nel 1951, viene condannato all’ergastolo per le stragi di Bardine San Terenzo, Valla, Vinca e Marzabotto, mentre è assolto per quella di Sant’Anna di Stazzema. Detenuto nel carcere militare di Gaeta, viene graziato nel 1980 e, quindi, scarcerato nel 1985, tra l’indignazione e le proteste dei superstiti e dei familiari delle vittime e delle Associazioni della Resistenza. Rientrato in Austria, muore nel 1991.
Capitano Anton Galler Nato nel 1915 a Marktl, bei Lilienfeld, piccolo centro del Wienerwald, a poca distanza di Vienna e Sankt Pölten, da famiglia di modeste condizioni, a 16 anni inizia a lavorare presso un fornaio di Amstetten. Subito dopo entra nelle formazioni della destra austriaca filotedesca, poi nell’Hitlerjugend e nelle SS austriache, e per la sua intensa attività politica è costretto a rifugiarsi in Germania nel 1933. Per circa un anno presta servizio presso l’opera di soccorso SS “Dachau”, poi, fino all’aprile 1936, è soldato nel II battaglione Standarte “Deutschland”; ammesso alla scuola ufficiali di Braunschweig, consegue la nomina a sottotenente nella primavera del 1937. Assegnato all’amministrazione di polizia delle SS, dal 1939 è impegnato nella “ripulitura dei riconquistati territori della Slesia dell’est da elementi e bande criminali, nell’evacuazione di ebrei e polacchi, nell’insediamento dei tedeschi all’estero e nella protezione di pulizia militare di quei territori”. Alla fine del 1943 viene assegnato alla 16ª SS Panzergrenadier division con il grado di capitano. Durante la permanenza in Italia, comanda il II battaglione del 35 reggimento, effettuando la strage di Sant’Anna di Stazzema ed altri crimini verso la popolazione. Catturato dagli Alleati alla fine del conflitto, non subisce alcun procedimento penale e muore da tranquillo pensionato in un villaggio turistico in Spagna nel 1993. S. Anna - La memoria S. Anna - Il paese oggi
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